E’ il 5 marzo 2009, Kante rifugiata politica della Costa D’Avorio, di soli 25 anni, è in Italia dal 2007 dopo essere sfuggita a una guerra civile che le ha ucciso il marito e ai miliziani che volevano sequestrarla.
Si presenta al pronto soccorso del Fatebenefratelli di Napoli con le doglie, ed è in pieno travaglio quando viene denunciata alla polizia di Posillipo con un fax inviato dall’Ospedale. Appena dopo il parto il piccolo Abu le viene sottratto per quasi dieci giorni, in attesa di "una verifica sulla sua identità".
Il permesso di Kante è scaduto ed è in atto il suo ricorso per avere l’asilo politico, ma le fotocopie dei sui documenti all’Ospedale non bastano. E’ più forte l’ansia di applicare UNA NORMA NON ANCORA APPROVATA, quella del "pacchetto sicurezza", che obbliga i medici a denunciare i pazienti “clandestini”, esponendo alla mancanza di cure proprio i soggetti più deboli. Un provvedimento che scredita le basi del giuramento di Ippocrate e della convivenza civile.
Un’iniziativa illegale, quella del Fatebenefratelli, perché il pacchetto sicurezza non è ancora legge dello Stato e quindi vige sempre il divieto di segnalazione. Ma anche un’iniziativa che dimostra cosa ci si potrebbe aspettare se venisse approvato.
Non solo per gli immigrati irregolari ci sarebbe il rischio di segnalazione ed espulsione per il solo fatto di ricorrere a cure mediche, ma sarebbe impossibile anche la registrazione anagrafica dei nascituri, con un’incredibile condanna preventiva alla clandestinità amministrativa per le nuove generazioni. Non è un caso che questa prima applicazione illegittima del pacchetto sicurezza sia avvenuta proprio sul corpo di una donna, la categoria più esposta e ricattabile anche all’interno della difficile condizione dei migranti e dei rifugiati in Italia.
A queste storie si uniscono quella di Joy e tutte le donne stuprate nei C.I.E. e di tutt* quell* che nei lager di stato vengono rinchius* in nome della sicurezza nazionale, noi non siamo complici.